LUTTO PER LA SCOMPARSA DI MARIA SILVIA BARBIERI
Maria Silvia Barbieri
Con profonda tristezza abbiamo appreso della scomparsa della nostra cara collega Maria Silvia Barbieri.
Maria Silvia Barbieri, laureatasi in Filosofia presso l’Università di Pavia nel 1970, e specializzatasi in Psicologia presso l’Università degli Studi di Milano nel 1974, dopo aver lavorato come borsista e contrattista presso l’Istituto di Psicologia della Facoltà di Magistero dell’Università di Parma tra il 1973 e il 1978, dal 1978 ha insegnato Psicologia dell’Età Evolutiva presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste, prima come Professoressa incaricata (1978-1986), poi come Professoressa Associata (1986-1993) e infine come Professoressa ordinaria (1993-2011), fino al suo pensionamento. Presso la stessa Università ha tenuto il corso di Psicologia dello Sviluppo del Linguaggio.
Maria Silvia Barbieri con i suoi studi ha contribuito in modo molto importante alla conoscenza dello sviluppo comunicativo-linguistico, di cui ha approfondito in particolar modo le competenze pragmatiche e le relazioni con lo sviluppo cognitivo e sociale. Tra il 1993 e il 1996 è stata Vicepresident dell’International Society for the Study of Child Language. I suoi lavori hanno avuto ampia diffusione nazionale e internazionale.
Chi di noi la ha conosciuta personalmente, ne ricorda il grande impegno e apporto scientifico e umano.
A seguire, potete leggere il ricordo affettuoso di Maria Silvia Barbieri, preparato da Sergio di Sano, che evidenzia in modo molto vivido le qualità scientifiche e umane di Maria Silvia.
In ricordo di Maria Silvia Barbieri
Maria Silvia Barbieri rappresenta una studiosa che ha dato un importante contributo alla tradizione di studi piagetiani nel contesto della psicologia italiana, con particolare riferimento alla psicologia dello sviluppo. I suoi studi spaziavano dallo sviluppo sociale allo sviluppo cognitivo e linguistico. Certamente il focus principale del suo interesse scientifico si è rivolto allo studio dello sviluppo linguistico e comunicativo, dove ha integrato la tradizione piagetiana con quella degli studi sui processi inferenziali, che ha caratterizzato sia la pragmatica del discorso sia la psicologia del ragionamento.
Ho avuto modo di conoscerla quando ho usufruito di una borsa di studio post-dottorato presso l’Università di Trieste (periodo 1998-2000), in quanto è stata il mio supervisore. Si è trattata di un’esperienza proficua in quanto ho imparato molto sul piano scientifico e umano. Ho collaborato con lei nel seguire tesisti e ho avuto proficui scambi con tutte le persone del suo laboratorio; e la collaborazione è proseguita anche negli anni successivi.
Mi ha colpito la determinazione nel perseguire obiettivi e la caparbietà nelle controversie con gli avversari (oggi, forse, si parlerebbe di “grinta”) e, per quanto ricordo io durante la mia permanenza a Trieste, alla fine è sempre riuscita a farsi valere. Mi hanno colpito anche altri aspetti, quali l’attenzione e l’amore con cui ha sempre seguito i suoi collaboratori, il clima relazionale positivo all’interno del suo laboratorio, e l’impegno nel seguire i suoi tesisti e tutte le persone che lavoravano con lei. Ricordo in particolare il suo impegno nel richiedere una rielaborazione dei testi linguistici, fino ad avere una versione chiara concettualmente e formulata in modo scorrevole; anche se si traduceva in una richiesta di lavoro aggiuntivo poi alla fine portava sempre a una maggiore soddisfazione reciproca.
Per me è stata anche una fonte importante di comprensione della struttura del sistema universitario e del suo funzionamento, nei suoi aspetti espliciti ed impliciti, in questo senso potrei dire un mentore. Aveva una straordinaria capacità di relazionarsi con gli altri e gestire appropriatamente le relazioni sociali anche in situazioni di tensione. Non aveva peli sulla lingua, e anche nei contesti scientifici più accesi esprimeva liberamente la sua opinione; a volte ritrovandosi in controversie scientifiche che affrontava con grande disinvoltura.
Sul piano personale e familiare, ha sempre conciliato al meglio la sua vita professionale e familiare, integrando il perseguimento di interessi personali e vita sociale con gli impegni professionali; inoltre, ha contribuito a creare un clima familiare anche nel contesto professionale, per quanto riguarda le attività del suo laboratorio.
Per concludere con una nota scientifica, abbiamo curato insieme un volume dal titolo “Lo sviluppo della competenza pragmatica” nel 2008, con contributi di illustri studiosi italiani, che credo abbia avuto almeno due meriti: (1) porre all’attenzione della comunità scientifica italiana una insieme di contributi scientifici del suo laboratorio apparentemente disparati (uso dei verbi modali, sviluppo del linguaggio figurato, comunicazione referenziale, uso dell’umorismo, ecc.) che trovavano invece nel concetto di “competenza pragmatica” un elemento unificatore; e (2) aver indicato la strada di una possibile conciliazione tra la prospettiva inferenziale e quella interazionale negli studi ispirati alla linguistica pragmatica.
Sergio di Sano